ANNO 14 n° 118
Proust in cucina Il Museo della Mente e la zuppa di pesce
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
02/03/2015 - 00:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - ''Non vi fidate mai interamente di nessun consiglio, di nessuna autorità, di nessuna storia estetica, di nessuna antologia e nemmeno di nessuna storia letteraria. Vi dovete fare una vostra estetica, una vostra antologia. Prendete delle schede, fate degli appunti di ciò che vi piace o dispiace, e che più tardi potrete confrontare con quello su cui avete riflettuto, e cambiare correggendo, migliorando o peggiorando, non importa purchè nasca, o vi paia che nasca dal vostro intimo convincimento''.

E ancora: ''Leggete quello che potete, se non potete fare a meno di leggere; ma se non avete voglia di leggere, non leggete. Meglio analfabeti, che semi letterati. Gli analfabeti lavorano, i semi friggono di dispetto e d’invidia perché il pubblico non li legge, e diventano cattivi a noiosi''.

Verrebbe da dire amen e bon così. Articolo finito perché ce ne è già fin troppo su cui pensare.

Il buon vecchio Prezzolini ci è andato sempre giù dritto sulle cose, lui anarchico e fascista e poi semplicemente conservatore e rivoluzionario insieme.

A Roma c’è un museo.

Un museo poco conosciuto che raccoglie e racconta le storie dei matti e del manicomio che li ha ospitati.

Si chiama Museo della Mente, sta nel padiglione 6 del Santa Maria della Pietà ed è stato allestito da Studio Azzurro. E’ lì a testimoniare una storia cominciata ormai molti anni fa.

Si era nel 1961 e a Gorizia, estrema provincia d’Italia, iniziava una delle vicende più straordinarie del nostro paese.

Protagonisti Franco Basaglia e sua moglie Franca Ongaro.

Basaglia viene trasferito lì a dirigere il manicomio locale quasi per punizione.

Lui, chiamato, con una punta di disprezzo, il filosofo nei corridoi dell’università di Padova.

Lui, che aveva messo (fenomenologicamente) tra parentesi il malato e aveva deciso di occuparsi della persona.

Arrivato a Gorizia, ''dentro, dietro alla classica scenografia manicomiale delle mura, dei cancelli, delle reti, delle sbarre, delle pesanti porte serrate, Basaglia trovò più di 600 pazienti. Circa 150 stavano nell’ospedale a seguito degli accordi di pace del dopoguerra. Basaglia li considerava malati inamovibili, non dimissibili, per i quali è necessaria una soluzione interna, essendo privi della minima prospettiva oltre lo spazio ospedaliero. (…) La categoria dei ‘matti’ (che spesso si confondeva con quella degli ‘internati in manicomio’) era allora molto vasta, comprendendo – per esempio – le persone affette da sindrome di Down, gli alcolisti e gli epilettici. (…) Gorizia era, come tutti i manicomi italiani, un autentico lager''.

Ne scrive John Foot in un libro bellissimo di cui a sua volta scrive Vanessa Roghi su Internazionale di questa settimana che conclude così la sua recensione: ''La ‘Repubblica dei matti’ (il titolo del libro di Foot pubblicato da Feltrinelli) racconta una storia di diritti, di cultura, di persone, di passioni, ed è la sintesi perfetta di quell’epoca dell’azione collettiva che ha lasciato più di ogni altra dei diritti di cui continuiamo ogni giorno a godere: quando accompagniamo i nostri figli disabili in scuole dove non esistono più classi differenziali, quando abortiamo, senza che nessuno ci chieda perché, quando vediamo riconosciuto il nostro diritto di uomini e donne a essere uguali come genitori e coniugi dentro la famiglia''.

Diritti, persone, storie, consapevolezza nello scegliere il proprio futuro.

Consapevolezza che ''il miglior governo è quello che governa meno, anzi quello che non governa affatto'' lasciando spazio all’autogoverno nella responsabilità e nella condivisione.

Consapevolezza che nella relazione con l’altro da noi quello che conta è la cura.

L’ I Care di Don Milani.

Il farsi carico faticosamente e gioiosamente della storia di chi abbiamo innanzi continuando incessantemente a farci domande: ''c’è una cosa che gli umani sanno fare meglio dei computer: porre domande. Le domande aprono nuove prospettive, che a loro volta possono aprire nuove narrazioni''.

Noi siamo le nostre narrazioni e siamo immersi nelle storie.

Produciamo ipotesi per incasellare quello che ci accade nella vita costringendolo spesso in spazi troppo angusti.

Ma possiamo uscirne, dall’ansia di classificare ogni cosa, immaginando il futuro utilizzando la potenza delle connessioni di rete.

Tessendo sempre nuove storie, incrociandone i nodi in maniera imprevedibile, generando sempre nuove combinazioni e sempre nuove prospettive da cui osservare il mondo che ci circonda.

Educandoci, giorno dopo giorno, alla libertà.

''Il mondo è una sorta di teatro del rischio, incerto, instabile, paurosamente instabile. Non è mai così buio come quando il mattino è vicino. Avere un atteggiamento sperimentale non significa altro che essere consci di questo intersecarsi di condizioni naturali in modo da trarne profitto anzichè essere alla loro mercè''.

''Da questa condizione del pensiero, intimamente connesso con la ricerca, col dubbio e con la sperimentazione emerge non una posizione di pessimismo e nichilismo, ma un atteggiamento di impegno e progettualità che apre la mente e il cuore degli uomini alla speranza tanto più quando pensiamo all’uomo come una creatura che desidera, si impegna, pensa e sente''.

Emily Dickinson:

Diverse cose non potranno/tornare:/l’infanzia-certe speranze - i/morti-/ma le gioie- come gli uomini -/a volte partono -/e tuttavia perdurano -/non rimpiangiamo viaggiatori, /o marinai -/belle le loro rotte -/ma pensiamo a tutto quello che/ci diranno/tornando qui -/“Qui?' ci sono dei “qui'/essenziali -/luoghi predestinati -/lo spirito non sta fermo -/egli stesso - anche in fondo al mare -/sua terra natale.

Ora, però, parola a mamma Silvana e alla sua zuppa di pesce alla maniera di Bruno Barbieri.

Ingredienti

pesce di giornata

fagiolini, q.b.

zafferano in pistilli

carote, q.b.

pomodoro ramato

crostone di pane

pomodori pachino

timo limonato, q.b.

cipolla oro, 1

basilico, q.b.

aglio, 1

 

PREPARAZIONE

Squamare la gallinella e sciacquarla sotto acqua corrente. Incidere sulla coda e sulle branchie. Incidere la schiena e creare un filetto eliminando la pancia e le interiora del pesce. Ripetere l'operazione con l'altra parte del pesce. Stesso procedimento per la triglia.

Per lo scampo rompere il carapace e rimuoverlo. Incidere la schiena e rimuovere l'intestino dalla pancia. Con la lama del coltello aprire i fasolari e lasciarli a mezzo guscio. Pulire le carcasse del pesce dalle branchie, dall'intestino.

 

Soffriggere delle cipolle tagliate a julienne, un aglio in camicia e del timo limonato in un tegame. Aggiungere il pomodoro ramato tagliato grossolanamente e le carcasse di pesce tagliate a pezzi. Dopo una ventina di minuti aggiungere dell'acqua, i pistilli di zafferano e cuocere per ulteriori dieci minuti. Filtrare la zuppa con un colino. Adagiare i filetti di pesce in un tegame con la zuppa filtrata. Solo successivamente aggiungere lo scampo e il fasolaro.

Lessare le verdure in acqua bollente. In una padella tostare il pane con dell'olio caldo e del timo. In un piatto fondo adagiare il crostone di pane e il pesce. Coprire il crostone con un paio di mestoli di zuppa. Appoggiare le verdure sul pesce e guarnire con una foglia di basilico. Aggiungere un filo d’olio.

Spacca!





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